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Sulla carta una terapia genica per malattie rare quali la leucodistrofia metacromatica equivale a una promessa di guarigione che nessun altro trattamento sembra in grado di dare; ma il valore di questi approcci non si misura a parole bensì con i numeri e nei fatti. Pertanto, i risultati di uno studio clinico come quelli pubblicati pochi giorni fa dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica di Milano sul New England Journal of Medicine rappresentano una pietra miliare nella storia di questa malattia dal momento che lancia un inequivocabile messaggio sulla necessità di garantire l’accesso alla terapia genica il prima possibile per i piccoli malati. Giacché l’efficacia del trattamento è correlata alle tempistiche di somministrazione: prima si fa e meglio è.
I risultati dello studio evidenziano chiaramente come la terapia genica, se somministrata tempestivamente, sia in grado di preservare la funzione motoria e le capacità cognitive nella maggior parte dei pazienti affetti da leucodistrofia metacromatica (MLD), una malattia che secondo le stime colpisce, ogni anno nel mondo, 1 bambino ogni 100 mila. La leucodistrofia metacromatica è provocata da mutazioni nel gene ASA (noto anche come ARSA) che codifica l’enzima arisolfatasi A, responsabile del metabolismo di particolari sostanze – chiamate sulfatidi – che se non smaltite correttamente si accumulano in particolare nel sistema nervoso centrale e periferico. Nelle forme più gravi di malattia, i bambini perdono rapidamente la capacità di camminare, parlare e interagire con il mondo circostante: la maggior parte di loro ha a disposizione soltanto cure palliative e, di conseguenza, muore in età infantile.
Visto il profilo patogenetico della leucodistrofia metacromatica i ricercatori si sono duramente impegnati per mettere a punto una terapia genica in grado di agire sulle cause genetiche della malattia: con una sola infusione la terapia è in grado di cambiare il decorso clinico della malattia. Al termine di un lungo percorso di sviluppo clinico, nel 2020 la terapia genica per la MLD è stata autorizzata in Europa – con il nome commerciale Libmeldy (atidarsagene autotemcel) – e dal 2022 è disponibile in Italia e rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale. Libmeldy è indicata per i bambini con le forme tardo-infantile o giovanile-precoce che ancora non abbiano manifestato i segni clinici della malattia e per quelli con la forma giovanile precoce che, pur presentando le prime manifestazioni cliniche, siano ancora in grado di camminare in modo indipendente e non abbiano ancora presentato un declino delle capacità cognitive. 
Aver tagliato il traguardo dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio e rendere la terapia disponibile per i piccoli pazienti in diversi Paesi del mondo è il frutto di oltre 20 anni di ricerca condotta presso l’SR-Tiget e dell’alleanza strategica tra Fondazione Telethon e Ospedale San Raffaele con l’azienda anglo-statunitense Orchard Therapeutics, titolare della licenza sia in Europa che negli Stati Uniti. Ora l’obiettivo è di anticipare il più possibile la somministrazione di un trattamento capace davvero di fare la differenza per i pazienti, e i risultati dello studio da poco pubblicati sulle pagine del New England Journal of Medicine ribadiscono la rilevanza di tale scelta. Condotto su 39 piccoli pazienti con leucodistrofia metacromatica, il trial clinico si è svolto presso l’Ospedale San Raffaele di Milano sotto la supervisione delle ricercatrici cliniche Francesca Fumagalli e Valeria Calbi, con il coordinamento di Alessandro Aiuti, vice-direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget), primario dell’Unità Operativa di Immunoematologia Pediatrica all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Pediatria all’Università Vita-Salute San Raffaele.
I pazienti con leucodistrofia metacromatica sono stati trattati con la terapia genica basata su cellule staminali ematopoietiche geneticamente corrette e i risultati sono stati poi confrontati con quelli di 49 pazienti non trattati. Tra gli indicatori chiave per valutare l’efficacia della terapia, i ricercatori hanno considerato l’impatto sulle competenze motorie (capacità di camminare o stare seduti senza supporto), su quelle cognitive (capacità di parlare o di eseguire specifici test) e più in generale sulla sopravvivenza. Anche sul lungo periodo la terapia genica si è rivelata in grado di ridurre significativamente il rischio di grave compromissione motoria e cognitiva in tutti i sottogruppi di pazienti trattati: quelli affetti dalla forma tardo-infantile, in cui l’insorgenza dei sintomi è attesa tra i 6 mesi e 2 anni e mezzo, quelli affetti dalla forma giovanile precoce, in cui l’insorgenza è attesa tra i 2 anni e mezzo e i 6 anni, trattati nella fase pre-sintomatica della malattia, e quelli giovanili precoci trattati in presenza di sintomi lievi, seppure con minor efficacia rispetto ai sintomi motori. 
La maggior parte dei bambini trattati prima dell’insorgenza dei sintomi ha mantenuto la capacità di camminare, che invece si è persa nei primi anni di vita in tutti i bambini del gruppo di controllo, che non avevano ricevuto la terapia genica perché già sintomatici o perché diagnosticati quando la terapia ancora non era disponibile”, affermano Fumagalli e Calbi, prime autrici dello studio. “In molti casi si tratta dei fratelli o sorelle maggiori dei bambini che poi hanno ricevuto il trattamento e che hanno permesso di diagnosticare la malattia nei loro fratelli più piccoli: ci teniamo a sottolineare la generosità delle famiglie di questi pazienti, perché senza di loro non avremmo potuto conoscere così bene la progressione naturale della malattia nel tempo e valutare al meglio gli effetti della terapia. Per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo, abbiamo osservato un beneficio significativo in quasi tutti i pazienti trattati, che continuano ad acquisire nuove competenze cognitive rispetto al gruppo di controllo che presenta un grave deficit cognitivo e la perdita di ogni capacità di comunicare”.
Alla luce di questi dati raccolti in 12 anni, che confermano come gli effetti positivi della terapia genica siano mantenuti nel tempo, diventa prioritario diagnosticare la malattia precocemente, così da massimizzare l’efficacia del trattamento. “Grazie alla ricerca abbiamo a disposizione una terapia in grado di cambiare il corso di una malattia grave e purtroppo fatale in assenza di intervento, ma efficace soltanto se si agisce in tempo”, dichiara Aiuti. “Per questo è fondamentale disporre quanto prima di un test di screening neonatale anche per la leucodistrofia metacromatica, così da diagnosticare la malattia quando ancora non si è manifestata. Il ritardo nella diagnosi, infatti, può precludere irrimediabilmente la possibilità di intervenire con la terapia genica. Spesso la diagnosi arriva troppo tardi, oppure ‘grazie’ a un fratello o una sorella maggiore a cui è già stata diagnosticata e che non può essere trattato”.
Lo screening neonatale è un test semplice e non invasivo e rappresenta uno dei principali programmi di medicina preventiva pubblica. Tramite un test effettuato su un campione di sangue prelevato dal tallone di ogni neonato nei primi tre giorni di vita, consente di identificare precocemente una serie di malattie genetiche metaboliche su cui si può intervenire con un trattamento dietetico o farmacologico. Grazie alla Legge 167, dal 2016 questo test è stato esteso sull’intero territorio nazionale a oltre 40 malattie: secondo la Società Italiana per lo studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale (SIMMESN), sono circa 350 i bambini italiani che ogni anno potrebbero ricevere una diagnosi salvavita. Purtroppo, al momento la leucodistrofia metacromatica non rientra tra le malattie oggetto di screening neonatale, né in Italia né nel resto del mondo (fa eccezione soltanto la Norvegia). Sono però in corso oltre una decina di studi pilota che potrebbero cambiare la situazione in futuro. Due di essi sono attivi in Italia: uno avviato nel marzo 2023 in Toscana, coordinato dall’AOU Meyer IRCCS di Firenze e finanziato anche grazie all’Associazione Voa Voa Amici di Sofia, e uno avviato nel luglio 2024 in Lombardia, promosso da Fondazione Telethon grazie a un accordo con la Fondazione per l’Ospedale dei Bambini Buzzi e coordinato dall’Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” di Milano (al momento disponibile in 17 dei 72 punti nascita presenti in Lombardia).
Ad oggi, nell’ambito di questi studi pilota è stato possibile diagnosticare precocemente la leucodistrofia metacromatica in 4 bambini – 3 in Germania e uno nel Regno Unito – ai quali è stato possibile offrire tempestivamente l’opportunità della terapia genica. Per quanto riguarda gli studi italiani, ad oggi nessuno dei circa 50 mila neonati sottoposti a screening in Toscana e Lombardia è risultato positivo.
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a cura di Anna Meldolesi
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Osservatorio Terapie Avanzate
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