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Niente neve a basse quote: dal 1931 più dell’80% dei Natali è stato senza neve
L’immagine del Bianco Natale, evocata spesso nel mondo del cinema e della musica, si rivela più un ideale che una realtà concreta in molte aree della Svizzera, specialmente in quelle a bassa quota e a sud delle Alpi.
Il tipico scenario natalizio, entrato a far parte dell’immaginario collettivo, è alimentato da immagini di copiose nevicate in film iconici come “Miracolo nella 34esima strada” o dalla suggestiva atmosfera invernale di “Una poltrona per due”. Il celebre brano “White Christmas”, scritto da Irving Berlin e reso indimenticabile dalla voce di Bing Crosby, cattura l’aspirazione a un Natale coperto di neve, un sogno ampiamente condiviso e romanticizzato.
Queste rappresentazioni si scontrano però con la realtà delle festività natalizie in Svizzera, dove la neve è più un’eccezione che una costante. Per i ticinesi, la prospettiva di un 25 dicembre “bianco” quest’anno è infatti poco probabile. Dal 1980 a questa parte, solo un Natale su dieci ha visto la neve imbiancare le zone pianeggianti. Le previsioni di MeteoSvizzera per la vigilia puntano su un tempo prevalentemente soleggiato e privo di precipitazioni, con temperature che oscilleranno tra i 7 e i 12 gradi.
Benché i Natali innevati costituiscano la norma nelle storie romantiche, la realtà svizzera racconta un’altra storia. Dal 1931, nella parte orientale del Paese, solo il 40% dei Natali ha visto la neve. La percentuale scende ulteriormente nelle regioni occidentali e meridionali. A Lugano, dallo stesso anno, più dell’80% dei Natali hanno avuto un carattere verde piuttosto che bianco: in totale ha nevicato 17 volte su 91 (18,7% degli anni).
Bianco Natale a Lugano dal 1931 al 2022
Questo modello, però, si inverte nelle alture: a Davos, a 1’560 metri di altitudine, il Natale è quasi sempre avvolto da un manto bianco, fatta eccezione per il 2016, in cui ha nevicato solamente due dei tre giorni festivi.
Bianco Natale a Davos dal 1931 al 2022
Anche a Einsiedeln, a soli 882 metri, il Natale tradizionalmente “bianco” sta iniziando a virare verso il “verde”, un potenziale segnale d’allarme per i cambiamenti climatici e dei loro effetti sui paesaggi invernali svizzeri, che stanno lentamente trasformando le nostre immagini classiche del Natale. Nella cittadina svittese ha nevicato in 91 anni ben 68 volte (74,7%).
Bianco Natale ad Einsiedeln dal 1931 al 2022
L’anno con il più elevato spessore del manto nevoso nei giorni 24-26 dicembre a Lugano è stato registrato nel 1938 con 35 cm di spessore misurato, ma si parla di ormai 85 anni fa. La nevicata più recente in almeno uno dei tre giorni di festività risale invece al 2012.
Nel gennaio 2006, il Ticino è stato testimone di una delle sue nevicate più straordinarie degli ultimi decenni. Secondo i dati di MeteoSvizzera, il 26 gennaio di quell’anno la neve raggiunse altezze di 60-90 cm nelle regioni meridionali, con alcune valanghe registrate nell’alta Valle di Muggio, mentre il nord del Cantone vide meno accumuli. Si è trattato di un evento senza precedenti recenti, con nevicate paragonabili risalenti agli anni ‘80.
Anni dopo, inverni più secchi e miti sono diventati la norma. Secondo l’esperto Fosco Spinedi di MeteoSvizzera, sebbene il riscaldamento globale non escluda del tutto eventi meteorologici eccezionali, la possibilità di assistere a future nevicate di questa portata diventata significativamente bassa.
In Svizzera, l’arrivo della prima nevicata significativa, con uno strato di almeno 1 cm di neve, varia a seconda della regione. Nelle zone centrali del Paese, questo evento si verifica tipicamente verso fine novembre, mentre nelle regioni occidentali e nordoccidentali occorre attendere i primi di dicembre. Curiosamente, nonostante l’aumento delle temperature negli ultimi anni, il periodo di questa prima nevicata non è cambiato in modo significativo, suggerendo che è forse più influenzato dalle condizioni meteorologiche immediate piuttosto che dai cambiamenti climatici.
Dati sulle nevicate a Lugano ed Einsiedeln
Le pianure subalpine vedono di solito la loro prima nevicata intorno a Natale, anche se ci sono stati inverni senza neve. Occorre notare che la data di questa prima nevicata può variare considerevolmente, perché legata a fattori atmosferici piuttosto che a tendenze climatiche a lungo termine. In alcuni casi eccezionali, come sul versante nord delle Alpi, si è persino registrata una nevicata in ottobre.
Nei centri metereologici, le nevicate vengono classificate come precipitazioni e non si distinguono pertanto dalle piogge. Nonostante ciò, la loro incidenza sulla situazione idrogeologica e sul bilancio idrico complessivo è analoga. La quantità di precipitazioni cadute nel 2023 – e sommate giorno dopo giorno – sono state inferiori alla norma.
La copertura nevosa è importante per il bilancio idrico, poiché costituisce una sorta di “scorta” per i mesi successivi. Un inverno con poca neve si ripercuote negativamente sulla disponibilità idrica primaverile ed estiva dell’anno seguente.
A causa dei cambiamenti climatici, l’isoterma dello zero gradi si sta spostando verso quote più elevate, influenzando il limite delle nevicate. Questo fenomeno comporta che le precipitazioni assumano più frequentemente la forma di pioggia anche ad altitudini maggiori, rendendo gli inverni con scarsa nevosità sempre più comuni.
Le miti giornate di queste ultime settimane si possono spiegare grazie alla presenza di un anticiclone, una “bolla calda” che dall’Oceano Atlantico ha conquistato gran parte dell’Europa. Gli anticicloni sono grandi aree di alta pressione nell’atmosfera, che si possono immaginare come grandi cerchi o ellissi sopra la Terra. A differenza delle zone cicloniche, dove la pressione è bassa e il tempo può essere più instabile, negli anticicloni il tempo è più stabile e i cambiamenti meteorologici sono meno evidenti. All’interno di un anticiclone, i venti sono generalmente deboli e possono soffiare come una brezza leggera. In questo periodo, la zona di alta pressione tocca l’Europa centrale e meridionale.
Nel 2023, un nuovo El Niño ha elevato la temperatura globale di 1,5 °C e ha influenzato venti, uragani e persino la distribuzione dei pesci negli oceani. Si tratta di un fenomeno climatico che riguarda le variazioni termiche delle acque del Pacifico.
Questo evento climatico, seppur lontano, sembra avere effetti anche sul nostro continente e in particolare sul Mediterraneo e le Alpi. L’influenza diretta sul clima europeo è però ancora in discussione, con altri fattori che possono sovrapporsi o mascherare il loro impatto.
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https://www.rsi.ch/s/2020134
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